Il bere senza freni del weekend

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Il bere senza freni del weekend

MENSILE A CURA DEL CENTRO SAN NICOLA.
N.1 GENNAIO 2020.

 

Lo spiega il Professor Fabrizio Schifano, University of Hertfordshire, che illustra come sia cambiato nel tempo l’abuso di alcol, soprattutto nei giovani. Oggi il suo utilizzo è diventato ricreativo ed è associato all’uso di sostanze stupefacenti nel fine settimana. I timori per la sottovalutazione del fenomeno ed una parola per arginarlo: responsabilità.

 

Professor Schifano, la cronaca nera sta continuando a metterci di fronte dati drammatici che legano inequivocabilmente il consumo di alcol da parte dei giovani ad incidenti stradali con conseguenze, spesso, drammatiche. È possibile tracciare un quadro complessivo di questa situazione?
Oggi in Italia il consumo di alcolici tra i giovani sta assumendo un carattere anglosassone, ispirato insomma ai modelli del nord Europa. Si tratta di un approccio relativamente nuovo per il nostro paese, che contrasta con l’utilizzo di sostanze alcoliche esistenti tra la popolazione più matura e soprattutto con le modalità del passato. In Italia, normalmente, si consumava alcol, soprattutto vino, assumendolo duranti i pasti, quindi all’interno di un contesto sociale definito. Oggi, per alcuni giovani è molto diverso, si preferiscono i ‘binge’ (abbuffate), tipicamente lontano dai pasti. L’alcol, associato a cannabinoidi o ecstasy, è sinonimo di sballo, veloce ed immediato.

Manca la consapevolezza che, ad esempio, anche l’enologia possa essere considerata una vera e propria cultura…
Non c’è più l’apprezzamento della qualità del prodotto in generale. Di fatto, i ragazzi e le ragazze preferiscono bere superalcolici, sotto forma di ‘shottini’ ad esempio, o birra in abbondanza, facendone salire l’effetto secondo un’accelerazione impressionante, ed ovviamente molto dannosa per il fisico. Il senso è: maggiore quantità di alcol in minor tempo possibile. È il cosiddetto fenomeno del ‘binge drinking’, mutuato appunto, dai paesi anglosassoni.

Quali sono a sua avviso, Professore, i motivi di questa trasformazione rispetto al passato?
È necessario tornare agli anni sessanta e settanta per comprendere bene come le modalità di consumo siano state rivoluzionate. In quel periodo, e anche prima, l’abuso di alcol era tipico delle fasce più vulnerabili della popolazione, anche e soprattutto adulta. Alcol e tossicodipendenza, soprattutto eroina, erano un sinonimo di marginalità sociale, di esclusione dai contesti sociali. Non solo, nelle prassi di abuso era frequente anche l’innestarsi di episodi di criminalità. Dagli anni ottanta l’abuso di alcol ha subito una trasformazione quasi filosofica, e ci siamo trovati di fronte un suo utilizzo di tipo ricreazionale. Vale a dire, l’alcol è diventato un elemento chiave dello sballo nel tempo libero.

Questo significa che esistono casi in cui l’abuso si verifica solo nei fine settimana?
Esattamente. Dal lunedì al sabato, o magari al venerdì, l’alcol non si tocca. Chi poi lo consuma nel week end sembra voler dire: lavoro sodo, rispetto i miei doveri di lavoratore o studente, sono inserito nei contesti sociali, ma il venerdì o sabato ho il diritto di evadere, di sconnettermi attraverso l’alcol. Non si riscontrano più, di massima, fenomeni di esclusione dalla società, che i giovani invece riconoscono, ma dalla quale vogliono slegarsi per una parentesi di tempo, circoscritta al week end. Poi si torna regolarmente a scuola o al lavoro, con il ‘rintronamento’ della domenica che fa da cuscinetto. Purtroppo all’alcol, come dicevamo, si associano anche le sostanze stupefacenti, che moltiplicano gli effetti e quindi la loro enorme pericolosità.

Perché a suo avviso si è verificato questo cambiamento?
Probabilmente perché per raggiungere lo sballo questa modalità è molto efficace. Normalmente, durante pranzi o cene, si assumono quantità moderate di alcol. Ma la lunga durata di un pasto condiviso, una diversa gestione del tempo, e soprattutto l’assunzione contemporanea di cibo e bevande, ne smorza gli effetti. Per i giovani che fanno uso smodato di alcol, capita l’opposto. A cominciare dagli aperitivi. La velocità e la quantità di assunzione permettono che i livelli di alcol arrivino nel sangue alle stelle, lo stomaco vuoto consente che esso arrivi al sistema nervoso centrale direttamente, provocando lo sballo ‘auspicato’. Addirittura si è parlato di “drunkoressia”, disturbo alimentare, caratterizzato, appunto, dall’assunzione di elevate quantità di bevande alcoliche mentre si mantiene il digiuno, evitando di assumere altri nutrienti calorici contenuti nel cibo. Alcuni, prima di iniziare a bere, provocano il vomito per vuotare interamente lo stomaco. Capita che in una sola occasione, o due ravvicinate, questi ragazzi introducano nel corpo unità alcoliche molto superiori a quelle che altri introducono in una settimana, diluite e con i pasti”.

La famiglia e la scuola quale ruolo possono avere?
Fondamentali, ovviamente. La famiglia innanzitutto non sia un cattivo esempio, con i genitori che consumano molto alcol e nicotina. Partire da qui sarebbe già importante. La scuola, dal canto suo, dovrebbe poter organizzare, ma in molti casi già lo fa, corsi e seminari di aggiornamento sull’abuso di alcol e sostanze. Per i giovanissimi il problema è tuttavia molto legato alla cannabis, ritenuta, a torto, del tutto innocua.

Scuola, famiglia, le stesse istituzioni. Dovesse indicare loro una sola parola da utilizzare per canalizzare un messaggio forte, professore, quale sceglierebbe?
Responsabilità. L’alcol va assorbito in maniera responsabile, preferibilmente in contesti sociali definiti che possano rappresentare un contorno di comunità e soprattutto accompagnato dal cibo, anche per attutirne gli effetti. Di certo non può essere usato come sostanza ricreativa, come purtroppo avviene spesso oggi, né combinato con gli stupefacenti. Essere responsabili, di se stessi e quindi di chi ci è vicino, è il primo dei passi da compiere. Poi vengono tutti gli altri.