
Il gioco d’azzardo non è di per sé problematico. A renderlo tale è l’atteggiamento con il quale alcune persone vi si approcciano: non tutti coloro che giocano d’azzardo sviluppano una dipendenza. Esistono, infatti, individui più vulnerabili di altri a sviluppare una dipendenza (il cosiddetto gioco d’azzardo patologico). La vulnerabilità di queste persone è determinata da una serie di fattori:
- genetici e neurobiologici;
- psicologici;
- socio-ambientali.
Fattori DI RISCHIO genetici e neurobiologici
Nella ludopatia, i fattori genetici e neurobiologici comprendono alterazioni nel funzionamento dei sistemi della gratificazione: nelle persone con disturbo da gioco d’azzardo patologico è presente una regolazione alterata dei seguenti sistemi neurotrasmettitoriali:
- noradrenalina: è responsabile dell’eccitazione e della ricerca del rischio e della focalizzazione dell’attenzione;
- serotonina: coinvolta nell’iniziazione al gioco e nella disinibizione;
- dopamina: determina i comportamenti legati alla ricompensa.
Un altro importante fattore neurobiologico implicato nella possibile insorgenza di un disturbo da gioco d’azzardo patologico è rappresentato da un bassa capacità di controllare gli impulsi.
Secondo la letteratura scientifica la vulnerabilità al gioco d’azzardo patologico è determinata al 50% circa da fattori ereditari. Alcuni dati a riguardo:
- il 20% dei soggetti con questo disturbo ha familiari che presentano la stessa patologia;
- nei giocatori problematici, rispetto a quelli non problematici, la probabilità di avere almeno un genitore con GAP (gioco d’azzardo patologico) è da 3 a 8 volte superiore;
- la possibilità di insorgenza del GAP è 3 volte superiore se in famiglia è presente almeno un genitore con GAP e ben 12 volte superiore se ci sono dei nonni con GAP.
Fattori DI RISCHIO psicologici
Esistono alcuni tratti di personalità che aumentano il rischio di sviluppare il GAP:
- un’elevata impulsività, cioè la predisposizione ad agire velocemente senza considerare le possibili conseguenze;
- la ricerca di sensazioni (sensation seeking), di esperienze emotivamente forti e stimolanti;
- la ricerca di novità (novelty seeking);
- la propensione a mettere in atto comportamenti rischiosi (risk taking behavior).
Le persone che presentano queste caratteristiche di personalità sono più disposte ad accettare il rischio di una perdita a fronte di un beneficio poco probabile. Preferiscono un guadagno piccolo ma immediato, senza riflettere sulle conseguenze, scegliendo esperienze nuove, eccitanti e altamente gratificanti nell’immediato; le sensazioni provate costituiscono un rinforzo rispetto a successive esperienze di gioco.
L’impulsività, inoltre, può associarsi ad alcuni aspetti psicopatologici, come la presenza di ideazione suicidaria, e ad alcuni disturbi.
Anche lo stile con cui si fronteggiano gli eventi (le strategie di coping), se basato sull’evitamento o sulla modifica di emozioni spiacevoli e dolorose, rende più probabile lo sviluppo di problemi con il gioco.
Un altro tratto psicologico che è spesso presente nelle persone che giocano in modo problematico o patologico è l’alessitimia, che riguarda l’incapacità di riconoscere e comunicare le proprie emozioni: il gioco assume così la funzione di strumento di modulatore e regolatore emotivo o di innesco per sperimentare emozioni intense.
L’assetto psicologico è caratterizzato, inoltre, dalla presenza di distorsioni cognitive, che sono credenze e pensieri erronei e hanno a che fare con la difficoltà della mente umana a gestire eventi casuali: abbiamo tutti bisogno di dare un senso agli eventi della vita e sentire di poterli influenzare e di determinare il futuro assecondando i nostri desideri e pensieri personali. La differenza rispetto a chi sviluppa un GAP è che in queste persone le distorsioni cognitive sono pervasive: costoro organizzano strategie per comprendere e prevedere ciò che invece non lo è, cercando di attribuire nessi di causa-effetto laddove invece c’è solo il caso.
Raylu e Oei hanno individuato cinque classi di distorsioni cognitive:
- l’illusione di poter controllare la sorte: può essere messa in campo attraverso un controllo attivo (con lo sviluppo di superstizioni, secondo cui pensieri, parole o comportamenti possono influire sul gioco) o passivo (interpretando ciò che accade nella vita come indizi rispetto all’andamento del gioco). In quest’ambito rientra anche la sopravvalutazione delle proprie competenze di gioco e la sottovalutazione di quelle degli altri;
- il controllo predittivo degli esiti del gioco: la persona si sente abile e capace di fare previsioni accurate, basandosi su vincite e perdite passate, a fronte della presenza di numerosi errori nella comprensione della probabilità;
- le distorsioni interpretative: il giocatore patologico interpreta i risultati del gioco in modo tale da incoraggiarne la prosecuzione nonostante le perdite. Attribuisce i successi alle proprie abilità, mentre gli insuccessi vengono imputati all’influenza di qualcuno o della sfortuna. Inoltre, ricorda più facilmente le vincite rispetto alle perdite (memoria selettiva) e dopo una sequenza di perdite si aspetta una vincita (“fallacia di Montecarlo”);
- l’incapacità percepita di fermare il proprio comportamento di gioco: il giocatore patologico non si sente in grado di controllare i propri impulsi, con la conseguenza di diminuire drasticamente le possibilità anche solo di provarci. Tale atteggiamento non fa altro che confermare il pensiero che non esista un aiuto possibile per il proprio problema;
- le aspettative verso il gioco e i suoi effetti: il gioco viene investito di numerose funzioni che ne sostengono la prosecuzione. Le motivazioni per cui un giocatore problematico continua a giocare sono numerose, ad esempio: dimostrare il proprio valore personale e le proprie competenze attraverso il gioco, avere la percezione di ricevere approvazione e accettazione a livello sociale, ricercare la trasgressione, sfidare la sorte, evitare emozioni dolorose e spiacevoli, ridurre la noia attraverso un’esperienza eccitante.
Fattori di rischio socio-ambientali
Un altro fattore di rischio per lo sviluppo di GAP è rappresentato da un contesto sociale con relazioni familiari problematiche, scarsa presenza di iniziative di prevenzione, poche regole e leggi di controllo. Tale fattore di rischio incrementa la propria portata qualora il contesto sociale tolleri o addirittura promuova il gioco d’azzardo e qualora il gioco sia facilmente disponibile e accessibile. Certamente, l’uso di sostanze stupefacenti e l’abuso di alcol aumentano ulteriormente la vulnerabilità al GAP.
Il gruppo dei pari spesso è il luogo in cui per la prima volta si sperimenta il gioco d’azzardo che, nel tempo, può diventare abitudinario. Un ulteriore fattore di rischio è rappresentato da un tempo libero non strutturato, in quanto il gioco può diventare un’esperienza che colma il senso di vuoto e noia che deriva da giornate vuote prive di impegni e responsabilità. Rilevanti sono anche gli eventi di vita negativi, che portano a una vulnerabilità psicologica, con particolare riferimento a esperienze di maltrattamento infantile.
E’ fondamentale individuare quali dei tanti fattori di rischio sono presenti nella vita della persona e intervenire su quelli modificabili, in modo da creare un ambiente e uno stile di vita più sicuro al termine di un percorso comunitario residenziale.
L’obiettivo, al San Nicola, è quello di “fermare il comportamento per capire il comportamento“. Identificare quali sono i rinforzi che portano avanti la dipendenza, i danni e gli effetti del gioco d’azzardo nella vita della persona, i blocchi in cui si è incastrati e dai quali ancora non si è riusciti a liberarsi. Infine, quali i comportamenti e gli atteggiamenti necessari per cambiare la propria vita. Per aiutare le persone servono le persone: al San Nicola educatori, terapeuti, counsellor in recupero da tanti anni mettono ogni giorno la loro esperienza al servizio di chi vuole aiutarsi.
Contenuto curato dal Dott. Claudio Pederzani
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