Lo stile comunicativo passivo e la dipendenza da sostanze
Contenuto a cura del Dott. Claudio Pederzani
Lo stile comunicativo è la modalità con la quale una persona si pone in relazione agli altri e ha a che fare con le parole, i gesti e i silenzi che usiamo quando comunichiamo con le altre persone.
Gli stili comunicativi sono i seguenti:
- aggressivo;
- assertivo;
- passivo.
Oltre a questi esistono anche lo stile passivo-aggressivo e lo stile manipolativo.
Ciascuno di essi è composto e sostenuto da emozioni, pensieri e comportamenti che, insieme, determinano il nostro modo di entrare in relazione con un qualunque interlocutore.
In questo articolo ci soffermeremo, in particolare, sullo stile passivo e su come possa essere coinvolto nello sviluppo di una dipendenza da sostanze.
LO STILE PASSIVO
A favorire l’utilizzo di uno stile passivo vi è l’idea che il proprio pensiero, le proprie emozioni o i propri bisogni non siano degni di essere espressi, o che da una loro manifestazione possano seguire delle conseguenze negative e temute: ad esempio, il timore di perdere la relazione se viene espresso un bisogno o un disaccordo, la paura di essere considerati deboli se si esprime l’emozione della tristezza o di essere giudicati cattivi se si esprime quella della rabbia.
L’atteggiamento che ciascuno di noi ha nei confronti delle proprie emozioni non dipende esclusivamente dal proprio temperamento: in parte, esso viene appreso nel contesto familiare e dipende dai miti familiari relativi alle emozioni (quali possano essere manifestate, in quali modi, in quali contesti) e dallo spazio che in famiglia viene dato alle necessità emotive del bambino. Per fare un esempio, un reiterato atteggiamento svalutante nei confronti della tristezza – trasmesso con frasi come “non piangere, non è niente” oppure “non piangere, è da femminucce” o anche solo “non piangere!” – può portare il bambino a non ritenere legittima l’espressione della tristezza. Imparerà, in questo modo, a non manifestarla, sapendo che non verrà riconosciuta e accettata. In alcuni casi, l’espressione di alcune emozioni all’interno del contesto familiare può portare a vere e proprie manifestazioni aggressive da parte del genitore, che potrebbe non tollerare alcuni contenuti emotivi a causa della propria storia personale. In questo caso, il bambino imparerà a temere le reazioni degli altri ogniqualvolta si trovi a provare determinate emozioni e imparerà, quindi, a inibirne la manifestazione.
Come conseguenza di questi e altri atteggiamenti appresi nel corso della propria vita, chi utilizza questo stile comunicativo può sentirsi intimorito dagli altri, ha una bassa stima di sé e si scusa molto spesso, anche quando non ve ne sarebbe motivo; ha notevoli difficoltà a farsi ascoltare, ritrovandosi spesso ad adeguarsi al parere e alle decisioni di chi ha di fronte, anche a causa della paura del conflitto che guida queste persone; è spesso accondiscendente e fa fatica a dire di no e, nel tempo, può diventare molto abile a rilevare le necessità e le volontà dell’altro a discapito delle proprie. Talvolta, questo atteggiamento viene ulteriormente rinforzato dall’ambiente sociale in cui ci si trova: per esempio, la persona può essere descritta come un profondo ascoltatore o come una persona buona e benvoluta da tutti, poiché sempre disposta a dare una mano in caso di bisogno.
Dietro a tutta questa disponibilità, però, c’è una profonda difficoltà a riconoscere ed esprimere i propri bisogni – che non possono quindi essere soddisfatti – che può portare la persona a vivere momenti di estrema difficoltà emotiva, spesso senza comprenderne la ragione.
Questo contesto relazionale ed emotivo costituisce un terreno fertile per l’incontro con le sostanze come l’alcol o le droghe, che possono intervenire e sedare momentaneamente le sofferenze e le fatiche di queste persone. Sotto effetto di alcol, cocaina o altre sostanze, infatti, i problemi sembrano temporaneamente svanire e diventano irrilevanti agli occhi della persona che, nel tempo, rischia di sviluppare una dipendenza nei confronti di quella sostanza proprio perché utilizzata come “anestetico emotivo”. Inoltre, sotto effetto di sostanze la persona può sperimentare un senso di disinibizione sconosciuto, che le permette di dire tutti quei no ed esprimere tutti quei bisogni che altrimenti non si sentirebbe in grado di manifestare. Mancando una sana capacità di autoregolazione, tuttavia, in queste circostanze il dipendente arriva a compromettere le proprie relazioni, poiché sotto effetto di sostanze può mettere in atto modalità prevaricanti e aggressive oppure manifestare un vittimismo e un’autocommiserazione che lo portano ad isolarsi ancora di più, entrando in una spirale dalla quale non si riesce a trovare una via di uscita. E’ seguendo questa spirale che si arriva alla richiesta di aiuto, per comprendere come poter affermare ed esprimere sé stessi in maniera sana e coerente con il proprio progetto di vita.
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L’obiettivo, al San Nicola, è quello di “fermare il comportamento per capire il comportamento“. Identificare quali sono i rinforzi che portano avanti la dipendenza, i danni e gli effetti dell’alcol, della cocaina e delle altre sostanze nella vita della persona, i blocchi in cui si è incastrati e dai quali ancora non si è riusciti a liberarsi. Infine, quali i comportamenti e gli atteggiamenti necessari per cambiare la propria vita.
Per aiutare le persone servono le persone: al San Nicola educatori, terapeuti, counsellor in recupero da tanti anni mettono ogni giorno la loro esperienza al servizio di chi vuole aiutarsi.