
Una volta, in centri di recupero dall’uso di sostanze si incontravano spesso personalità e strutture caratteriali chiamate “narcisistiche”. Persone con un senso sproporzionato di auto-importanza, con fantasie grandiose di potere e dominio sugli altri. Tali soggetti vogliono essere ammirati, credono che tutto sia loro dovuto, pensano di essere “speciali” e superiori agli altri nonché alle regole della vita civile. Si credono onnipotenti, sono arroganti, non disposti o incapaci di vedere i sentimenti degli altri e i propri.
Oggi, sempre più, vediamo i centri di recupero da dipendenze riempirsi di persone con una struttura caratteriale simile a quella del narcisista, ma più disgregata, disorganizzata, caotica: i borderline. Il narcisista e il borderline soffrono entrambi della sindrome del “Re-Bambino”*, ma in maniera differente.
(*Userò il maschile solo per comodità, ma alla stessa maniera si può parlare di Regina-Bambina.)
“Più della metà dei bambini crescono oggi in famiglie spezzate, spesso con genitori assenti. Si formano in un’atmosfera di precarietà, instabilità, imprevedibilità e insicurezza a tutti i livelli. “
Il disturbo borderline è il risultato della disgregazione odierna delle famiglie e delle comunità nella società occidentale. Più della metà dei bambini crescono oggi in famiglie spezzate, e spesso uno dei genitori è assente (di solito il padre). Si formano in un’atmosfera di precarietà, instabilità, imprevedibilità e insicurezza a tutti i livelli. Genitori in difficoltà, assenti, distratti, indulgenti, assorbiti da se stessi e dalla propria instabilità, che non danno sicurezza e certezza affettiva, che non fanno lo sforzo di stabilire confini e limiti ai loro figli e di farli rispettare.
Per pacificare i bambini, viene dato loro quello che vogliono, ma non quello di cui hanno bisogno. Quando non ottengono ciò che vogliono, questi bambini fanno le bizze, vanno su tutte le furie e il genitore cede. Spesso i bambini devono fare loro stessi il lavoro del genitore assente, talvolta arrivando addirittura a doverlo “proteggere”.
In sostanza, i ruoli si invertono e questi bambini non crescono come bambini: vengono usati narcisisticamente per il bisogno dei genitori e vedono i loro confini invasi. Assumono responsabilità e preoccupazioni da adulti, non appropriate alla loro giovane età, si prendono cura dei fratelli, cucinano eccetera. Al tempo stesso hanno eccessiva libertà, ricevono beni materiali, ma non sono visti per chi sono e per ciò di cui hanno bisogno. In queste famiglie non esistono né regole né supervisione, i ragazzi sono abbandonati a loro stessi, a volte non c’è nessuno che li accudisca. Fuori casa possono subire episodi di bullismo.
Il loro ambiente domestico è pieno di conflitti, minacce, violenze, esplosioni e persino di esperienze traumatiche. Con questa grande instabilità in casa, non si sentono al sicuro e protetti. Non hanno genitori emozionalmente disponibili che insegnino loro a dare importanza ai propri sentimenti, alla sensibilità, all’empatia, alla connessione umana, al rispetto degli altri e a come regolare le proprie emozioni. Non si sviluppano in un ambiente dove c’è tempo per attività pacifiche, calme, gioiose e creative, dove c’è incoraggiamento a coltivare ciò che si vuole, ad avere rispetto di sé ed autostima. Non viene insegnato loro che nella vita vale la pena impegnarsi, fare sforzi per ciò che si desidera, ritardare la gratificazione immediata per avere maggiori benefici nel futuro.
“I bambini, così, diventano adolescenti e comprendono che sono loro a governare in casa. Nella vita fuori della famiglia non accettano di subire ‘no’, regole, confini, limitazioni, orientamenti e consigli. Spesso, iniziano anche ad usare sostanze.”
I bambini, così, diventano adolescenti e comprendono che sono loro a governare in casa. Nella vita fuori della famiglia non accettano di subire “no”, regole, confini, limitazioni, orientamenti e consigli. Non vogliono ricevere insegnamenti. Pensano di comandare su tutti, di poter dominare e anche tiranneggiare gli altri. Se non ottengono immediatamente ciò che i loro impulsi vogliono, diventano distruttivi, minacciosi, esplosivi e abusanti.
Spesso, iniziano anche ad usare sostanze stimolanti (cocaina, crack, anfetamine, mdma, droghe sintetiche…) o disinibitori (alcol, ghb, ketamina…). Si sentono onnipotenti, si lanciano in situazioni adrenaliniche e rischiose, che in seguito si riveleranno pericolose e foriere di pesanti conseguenze. Con l’uso di sostanze cominciano i primi fallimenti, l’abbandono della scuola, l’ingresso in attività e bande criminali, i problemi con la polizia e la giustizia; e così inizia la discesa, la devastazione delle loro giovani vite.
Questi soggetti dentro sono molto fragili e vulnerabili, sensibili a ogni tipo di critica; nei rapporti umani hanno paura di essere abbandonati, si sentono inadeguati, pieni di vergogna e senza valore; non si sentono degni e meritevoli di amore. Essi stessi hanno paura della propria rabbia e delle proprie esplosioni incontrollate, ma non sanno come contenersi, proteggersi e gestirsi. Ritengono che la strada abbia insegnato loro che l’unico rispetto di sé consiste nell’usare la violenza, e nient’altro. In presenza di conflitti, problemi o difficoltà anche minime, esplodono, vanno in frantumi, agiscono impulsivamente e senza razionalità, con il risultato di sprofondare spesso nella depressione.
Il fragile re è caduto, ha perso il potere e il controllo.
L’accettazione della realtà e della sconfitta è l’unica salvezza
Molti dei bambini-re appena descritti, oggi sono diventati anagraficamente adulti. L’uso delle sostanze è cresciuto nel tempo e il fare “alla loro maniera” li ha condotti verso fallimenti e sconfitte multipli. Quando arrivano al San Nicola, i “re” sono sempre più nella polvere, sono più volte caduti miseramente. Hanno fallito nelle relazioni affettive e spesso anche sul lavoro.
“Quando arrivano al San Nicola, i ‘re’ adulti sono sempre più nella polvere. Sono più volte caduti miseramente. Hanno fallito nelle relazioni affettive e spesso anche sul lavoro.””
Sono ancora pieni di rabbia e impulsivi, ma nel frattempo è cresciuta in loro l’ansia, la depressione, il sentimento di inutilità, nonché la minaccia di compiere azioni auto-distruttive o suicidarie. Nonostante le bancarotte, l’insicurezza, le fragilità, gli sbalzi di umore, la mancanza di autostima e di autorità interna, hanno ancora ambiguità a rispettare ed accettare i confini, le regole, una autorità esterna, un aiuto. Da qualche parte, hanno ancora l’illusione di avere il potere e il controllo.
Nei 2 mesi di trattamento terapeutico intensivo che offriamo al Centro San Nicola, il dipendente-borderline ha l’occasione di sperimentare cosa significhi accettare i “no”, non ottenere subito ciò che si vuole, cedere, arrendersi, seguire altre persone, rispettare confini e regole. In sostanza, lasciar cadere quella falsa e illusoria sensazione di potere e di essere ancora in controllo, al comando.
La dipendenza, infatti, ha preso e portato via il controllo delle loro vite già da molto tempo. La sostanza li controlla. Se riescono a tollerare questa nuova realtà, a lasciar andare la lotta per il potere e accettare la sconfitta, si aprirà per loro un nuovo mondo. Cedendo il controllo e accettando di farsi aiutare, trovano un luogo sicuro dove non devono più “dominare”, e quindi trovano la possibilità di rilassarsi, sentire le proprie fragilità e bisogni, imparare a difendersi e a non farsi invadere, a rispettarsi e ad avere dei confini.
“I confini non sono ‘prigioni’, al contrario: come le sponde del fiume, sono delle garanzie. Gli argini permettono all’acqua di fluire in modo sicuro senza straripare.”
Regole e strutture chiare, assunzione delle proprie responsabilità e rispetto di quelle altrui, portano calma e sicurezza. I confini non sono “prigioni”, al contrario: come le sponde del fiume, sono delle garanzie. Gli argini permettono all’acqua di fluire in modo sicuro senza straripare: così, invece di produrre allagamenti, può essere usata in modo creativo e vitale.
Dall’impulso al sentimento
L’altra caratteristica del dipendente-borderline è l’impulsività. Essi stessi hanno paura dei propri impulsi, di questa rabbia incontrollabile e intollerabile che inonda tutto e tutti. Appena hanno un impulso agiscono, per ottenere subito una qualche ricompensa e soddisfazione. Non conoscendo il “no”, tutto diventa ansia, costante irrequietezza, azione e movimento continuo. Non c’è consapevolezza di cosa significhi aspettare, stare fermi e respirare.
Per “sentire”, invece, bisogna “non agire”: occorre fermarsi, aspettare, ascoltarsi, cominciare a riflettere su ciò che si vuole veramente. L’impulso non conosce la risonanza emotiva di quello che si compie. Il sentimento, invece, permette di percepire il proprio mondo interno e quello degli altri. È solo allora che si sente: il dolore, la vergogna, la rabbia, la paura, la tristezza, i bisogni, l’affetto. Il vero sentimento ha bisogno di tempo, occorre fermarsi per riconoscerlo, per non rimanere in superficie, per ponderare le scelte e fare poi l’azione giusta.
Ogni realizzazione ha bisogno di tempo. L’impazienza è uno dei più grandi difetti caratteriali del dipendente-borderline. “Dare tempo al tempo” recita uno slogan dei 12 Passi e l’antico proverbio dice che la gatta frettolosa fa i gattini ciechi. Lo vediamo con il buon senso nella realtà di ogni giorno: i più grandi successi e cambiamenti nascono dalle avversità, dall’accettazione di sconfitte, dai “no” ricevuti, dal ripartire e crescere nel tempo. Non ottenere subito ciò che si vuole è spesso una benedizione, in quanto forza le persone a rivalutare le cose, apre le porte a nuove opportunità e informazioni, che avremmo altrimenti trascurato.
Le psicoterapie corporee si sono dimostrate particolarmente efficaci nel calmare l’ansia, le paure, il sistema nervoso: per questo l’approccio energetico reichiano e umanistico, la biotransenergetica, la mindfulness, lo yoga-meditativo e simili fanno parte delle modalità che applichiamo quotidianamente nel nostro lavoro al Centro San Nicola.

Dr. Ermanno Bergami
Psicoterapeuta corporeo
www.centrosannicola.com